Birrybaida
Meno conosciuta con il nome di casa bianca, Birrybaida fu la prima costruzione di Campobello nonché, come il nome stesso suggerisce, residenza araba per lungo tempo. Durante la dominazione degli Arabi, sbarcati a Mazara nell’827 d.C., il territorio dell’attuale Campobello venne rivalutato da un punto di vista agricolo, tanto che proprio gli Arabi introdussero nuove colture, come quella della manna, dello zucchero e del cotone. L’antico caseggiato dominava i terreni circostanti e si presenta ancora oggi maestoso, possente, e in buono stato di conservazione.
Il Castello Medievale
Nell’ultimo tratto della via Garibaldi sorge il Castello Medievale, antica proprietà della famiglia dei Caracciolo, duchi di Campobello, e attualmente adattato a abitazione privata. Nonostante le varie modifiche apportate alla struttura nel tempo, ancora oggi si notano lo spessore delle mura, di circa due metri, e l’incisione nella pietra dell’antico stemma ducale. Secoli dopo la costruzione dell’edificio, il Castello fu sede della pretura, le stanze sotterranee vennero adibite a carceri, mentre in corrispondenza dell’ingresso principale del Castello, in Piazza Galliano, attualmente sorge la Villa comunale. Una leggenda popolare narra dell’esistenza di un sotterraneo che collegava il Castello con la Casa di Birribayda, ma non ne è mai stato trovato lo sbocco.
Il Santo Monte
Si tratta di un rilievo collinare di irrilevante altezza, ma di forte valore spirituale e religioso per gli abitanti di Campobello, soprattutto nei secoli passati. Sulla sommità del Santo Monte esisteva, infatti, una cappella presso la quale, tutti i venerdì del mese di marzo, al suono del tradizionale tamburo, i credenti si recavano in pellegrinaggio a recitare preghiere davanti all’affresco del Calvario presente all’interno della cappella. Di quest’ultima non vi è più alcuna traccia, se non fotografica, mentre una lunga scalinata permette ancora oggi di raggiungere la sommità del colle. Al valore sacro e spirituale del Santo Monte, si è affiancato, verso la metà del secolo scorso, il valore scientifico di una scoperta stupefacente. Proprio ai piedi del monte è stata rinvenuta una grotta, una cavità che sprofonda fino a sei metri sotto il terreno, le cui pareti tortuose sono disseminate di conchiglie fossili, testimonianza delle modificazioni naturali subite dal territorio. Secondo gli studiosi, infatti, il territorio su cui adesso sorge Campobello era bagnato, due milioni di anni fa, dal mar Mediterraneo. Gli 8 km di distanza che separano Campobello dal mare rendono la scoperta della grotta delle conchiglie ancor più affascinante.
La Torre dell’Orologio
L’orologio comunale costituisce uno dei più bei tesori artistici custoditi nel territorio di Campobelloed è ancora oggi perfettamente funzionante. Costruita nel 1859 e inaugurata il 6 marzo del 1877, la Torre dell’Orologio è alta venti metri, ha la base quadrata e quattro quadranti illuminabili a giorno, uno per ciascun lato, che da più di un secolo scandiscono la vita degli abitanti di Campobello. La facciata principale della Torre dell’Orologio è quella rivolta verso la via Cavour, una delle vie principali del paese, mentre la facciata opposta si affaccia sulla piazza dove un tempo si teneva il mercato del pesce. Il macchinario dell’orologio, costruito dai fratelli Solari di Pesariis (Udine), “il paese degli orologi”, funzionava in origine con una carica eseguita a mezzo di una leva, collegata a quattro grossi rulli che avvolgevano una corda di canapa, alla cui estremità erano legati quattro pesanti blocchi di marmo. La carica durava 24 ore e metteva in funzione le lancette e i quattro martelli che suonavano le ore, i quarti, il mezzogiorno e la mezzanotte. Quasi un secolo dopo, l’antico macchinario è stato sostituito con uno più moderno, di tipo elettronico. Le campane sono ancora oggi le stesse che furono inserite durante la costruzione della Torre; la campana che suona le ore era stata presa dal Palazzo Reale di Palermo, mentre quella che suona i quarti era stata fusa a Campobello, nel 1874, da artisti di Burgio.
Le torri di avvistamento
Retaggio storico del periodo delle invasioni turche e dei corsari musulmani, i saraceni, le numerose torri che dominano il litorale campobellese sono una suggestiva testimonianza del fervore militare degli abitanti campobellesi del XVII secolo. Ciò che possiamo ammirare ancora oggi è, infatti, parte dell’antica linea di avvistamento e segnalazioni che collegava Campobello, dall’alto del Santo Monte, alle località marittime di Tre Fontane e Torretta Granitola, e grazie alla quale era possibile avvisare prontamente gli abitanti dell’imminente arrivo dei nemici. Da ciascuna torre non solo era possibile scrutare l’orizzonte, ma si potevano anche inviare segnali luminosi, detti fani, e segnali di fumo alle torri più vicine. Le costruzioni erano concepite come veri e propri bastioni in grado di resistere agli attacchi, anche per più giorni; non a caso disponevano di ampio spazio al loro interno, tanto per le armi, quanto per le provviste alimentari.
In modo particolare la torre di Tre Fontane, conosciuta come Torre dei Saraceni, fu costruita nel 1600 per volere del viceré e in seguito alla ricognizione fatta dall’architetto toscano Camillo Camilliani. La torre ha base quadrata, era alta 20 metri ed era composta da due piani; il pianoterra era quasi interamente pieno, per garantire maggiore solidità alla costruzione e, come già accennato prima, disponeva dello spazio necessario affinché ben 8 uomini di guardia potessero custodirvi all’interno armi, provviste di cibo e avessero accesso all’acqua, attraverso un pozzo interno collegato alla vicina fonte. Attualmente la Torre dei Saraceni di Tre Fontane continua a sovrastare la spiaggia in corrispondenza della piazza centrale della frazione, sebbene la continua erosione del vento ne abbia intaccato lo spigolo sud-est, in parte crollato.
Delle altre torri che costituivano l’antico sistema difensivo locale, si possono ancora ammirare le due torri di Torretta Granitola, in buono stato di conservazione, e altre due torri di proprietà privata costruite nel territorio di Campobello, a maggiore distanza dal mare. Del casotto della guardia, torre intermedia posta sul Santo Monte, non ne rimane più alcuna traccia.
Chiesa madre
La Chiesa di Santa Maria al Presepe, meglio nota come la Matrice e posta di fronte alla Villa comunale, sorge proprio là dove un tempo si trovava la chiesetta della Madonna delle Grazie, già esistente nel 1587 e punto di riferimento per i pochi originari abitanti della baronia di Birrybaida. La piccola chiesa, una curazia alle dipendenze di cappellani curati, custodiva già ai tempi il SS. Crocifisso, opera scultorea di inestimabile valore. Con il passare del tempo, l’aumento del numero degli abitanti locali, fece nascere l’esigenza di una chiesa di maggiori dimensioni; nel 1825, sotto la direzione dell’architetto Sacchetti, furono iniziati i lavori della nuova chiesa che, costruita a più riprese con l’aiuto dei fedeli, venne completata una decina di anni dopo. L’ampliamento e la ristrutturazione hanno reso la Chiesa di Santa Maria al Presepe un tempio di stile neoclassico, con tre navate con transetto e decorazioni anch’esse in stile neoclassico. La facciata principale è abbellita da piatte lesene di gusto classicheggiante, mentre l’interno accoglie i fedeli in tre grandi navate; le due navate laterali ospitano tre altari ciascuna, mentre la navata centrale ospita l’altare maggiore dedicato a San Vito Martire, patrono del paese, di cui è possibile ammirare una statua del XVIII secolo, rivestita di una preziosa lamina d’argento. (inserire tutti gli altri altari o no?) Altra opera di notevole valore custodita all’interno della Chiesa è il già citato SS. Crocifisso, capolavoro del celebre artista francescano Fra Umile da Petralia e trasportato in solenne processione, generalmente la terza domenica di settembre.
Chiesa dell’Addolorata
Voluta dalla confraternita di Maria SS. Addolorata, la chiesa dedicata alla Madonna venne costruita nel 1810 e completata alcuni anni dopo. Il vasto fabbricato attiguo fuCollegio di Maria dal 1854 al 1866 quando, insieme alla chiesa, venne incamerato e ceduto al Comune, per poi essere adibito a scuola elementare. La struttura della chiesa e del collegio furono gravemente danneggiate durante il terremoto che colpì la Valle del Belìce nel ’68; l’antico collegio ha così lasciato il posto a una villetta, mentre la chiesa è stata oggetto di una ristrutturazione che ne ha valorizzato lo stile architettonico semplice e pulito. La Chiesa dell’Addolorata, caratterizzata dalla pianta circolare e da affreschi che ne adornano le pareti interne, oggi è spesso sede di incontri e eventi culturali che ne animano gli spazi valorizzati al meglio durante l’ultimo restauro.